Oggetto: fattura d’acquisto non ricevuta. Comportamento da tenersi

Può succedere che nonostante l’acquisto effettuato, il fornitore non emetta fattura (volontariamente o per errore) o comunque l’acquirente non la riceva (disguido postale). In questo caso l’acquirente deve adempiere autonomamente a tale incombenza, secondo quanto previsto dall’articolo 6, comma 8 del D.Lgs. n.471/1997.

In particolare, nel caso di operazione effettuata in Italia, trascorsi 4 mesi dalla data di effettuazione dell’operazione senza aver ricevuto la fattura dal fornitore, l’acquirente è tenuto ad emettere autofattura.

Il termine di quattro mesi decorre da:

  • cessioni di beni immobili – dal momento della stipulazione dell’atto notarile di trasferimento;
  • cessione di beni mobili – dal momento della consegna o della spedizione del bene;
  • servizi: dal pagamento del corrispettivo.

Per completezza d’argomento si ricorda che, se anteriormente al momento impositivo determinato secondo le regole sopra elencate, venga emessa fattura o sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo, il momento di effettuazione, limitatamente all’importo fatturato o pagato, corrisponde con la data della fattura o con quella del pagamento.

Fattura non ricevuta – l’adempimento a carico dell’acquirente

Ebbene, l’acquirente una volta individuato il momento impositivo dell’operazione, nei 30 giorni successivi allo scadere del quarto mese dalla data di effettuazione dell’operazione (in pratica entro 5 mesi da quest’ultima):

  • deve versare, tramite modello F24, l’imposta relativa alla fattura non ricevuta (codice tributo 9399), se trattasi di operazione imponibile;
  • deve emettere, in duplice esemplare, un’autofattura;
  • deve presentare all’Ufficio delle Entrate competente l’autofattura di cui sopra congiuntamente all’attestazione dell’avvenuto pagamento dell’Iva.

Ad esempio:

  • merce pervenuta il 15 ottobre 2014;
  • termine di quattro mesi: 15 febbraio 2015
  • entro il 14 marzo 2015 occorre versare l’Iva con Mod. F24, emettere l’autofattura e far pervenire il tutto all’ufficio dell’agenzia delle entrate.

Talvolta l’Ufficio richiede che l’autofattura sia accompagnata da un’apposita lettera nella quale devono essere evidenziate le irregolarità commesse dal fornitore. Taluni uffici hanno predisposto apposita modulistica personalizzata.

Ad ogni modo, l’Ufficio restituirà all’acquirente una copia dell’autofattura con l’attestazione di pagamento, la quale potrà essere annotata sul registro degli acquisti consentendo così di portare in detrazione la relativa imposta secondo le regole ordinarie.

È del tutto evidente che in questo caso l’acquirente ha sostenuto il carico dell’Iva due volte:

  • la prima per aver pagato la fattura al fornitore;
  • la seconda per averla versata tramite l’autofattura.

Occorre evidenziare, inoltre, che nel caso in cui le operazioni di acquisto siano non imponibili o esenti, l’autofattura dovrà comunque essere emessa, pur non essendo previsto, in questa ipotesi, ovviamente, alcun versamento d’imposta.

L’acquirente non è tenuto ad informare il fornitore dell’attivazione della procedura, né quest’ultimo ha titolo per ottenere una copia dell’autofattura emessa dall’acquirente.

Si suggerisce, con congruo anticipo rispetto al momento in cui si procede alla regolarizzazione, di precostituirsi prova certa documentale (email certificata, raccomandata, telegramma) che dimostri di aver sollecitato l’invio della fattura, poiché non si può escludere che la stessa sia stata inviata dal fornitore ma non sia stata recapitata per un disguido.

Omessa regolarizzazione – la sanzione

Nell’ipotesi in cui l’acquirente non provveda a completare l’esposto iter nel termine dei 30 giorni successivi al trascorrere dei quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione, non si ha la perdita del diritto alla detrazione dell’IVA laddove, successivamente, dovesse pervenire da parte del fornitore la fattura (Corte di Cassazione n. 11208 del 2007).

Si ricorda, al riguardo che il termine per l’esercizio del diritto a detrazione è quello del secondo anno successivo a quello in cui è nato il diritto alla detrazione.

Resta il fatto che la sanzione per la mancata regolarizzazione da parte dell’acquirente è pari al 100% dell’imposta, con un minimo di € 258,00 (è possibile, comunque, utilizzare l’istituto del ravvedimento operoso), fermo restando che non è previsto da parte dell’ufficio il recupero dell’imposta nei confronti del cessionario o committente, poiché l’imposta è dovuta solo dal cedente o commissionario (Circolare n. 23 del 25 gennaio 1999, punto 2.7).

Si resta a disposizione per eventuali chiarimenti.