La disamina del regime fiscale dei rimborsi spese erogati sotto forma di indennità chilometrica ai dipendenti richiede una valutazione distinta degli effetti che si determinano in capo all’azienda e al lavoratore. La disciplina fiscale, inoltre, varia in funzione della tipologia di trasferta, essendo necessario distinguere i rimborsi erogati per lo svolgimento della prestazione lavorativa in un comune diverso da quello in cui è situata la sede di lavoro del dipendente rispetto al caso in cui la trasferta sia effettuata nel medesimo comune.

Per quanto riguarda il datore di lavoro, nel caso in cui il dipendente sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà oppure noleggiato, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel. Il riferimento da utilizzare per l’individuazione dei costi di percorrenza è rappresentato dalle tabelle ACI, pubblicate annualmente sulla Gazzetta Ufficiale. Tale limitazione è valida sia per le trasferte nel comune ove si trova la sede del dipendente sia per le trasferte in altri comuni.

Per quanto concerne il regime di tassazione in capo al lavoratore bisogna considerare l’articolo 51, comma 1, del TUIR che qualifica come redditi di lavoro dipendente tutte le somme e i valori che il lavoratore percepisce nel periodo d’imposta, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Il successivo comma 5 dell’articolo 51 disciplina il regime fiscale da applicare alle somme corrisposte al dipende in relazione alle trasferte effettuate al di fuori del territorio comunale. In particolare, i rimborsi chilometrici erogati per lo svolgimento della prestazione al di fuori del comune di riferimento non sono soggetti a tassazione, a condizione che l’importo del rimborso sia definito in base alle risultanze delle tabelle ACI. Le indennità erogate per i trasferimenti effettuati all’interno dello stesso comune in cui si trova la sede lavorativa, invece, sono integralmente soggette a tassazione.

Il tema è stato oggetto di approfondimento da parte dell’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 92/E del 30 ottobre 2015. Nel documento di prassi l’amministrazione finanziaria ha chiarito che nel caso in cui la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di trasferta sia inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, il rimborso è da considerare non imponibile. Nel caso opposto in cui la distanza percorsa dal lavoratore per raggiungere, dalla propria residenza, la località di trasferta sia maggiorerispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, invece, la differenza è da considerarsi reddito imponibile ai sensi dell’art. 51, comma 1, del TUIR.

Al fine di ottenere il rimborso chilometrico è necessario che il dipendente o collaboratore indichi in nota spese:

  • la percorrenza effettiva espressa in Km;
  • il tipo di autoveicolo utilizzato;
  • il costo chilometrico ricostruito a seconda del tipo di autovettura.

Sul piano documentale è comunque opportuno predisporre un’apposita lettera d’incarico, contenente gli elementi della trasferta.
L’importo dell’indennità deve essere stabilito facendo riferimento alle tabelle ACI. Per il 2018, in particolare, occorre fare riferimento a quelle pubblicate sul Supplemento Ordinario n. 63 della Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017.
Ai fini del calcolo dei costi chilometrici di esercizio le spese di gestione sono suddivise in due gruppi fondamentali:

  • Costi annui proporzionali alla percorrenza, nei quali sono compresi gli oneri direttamente o indirettamente connessi al grado di utilizzazione del veicolo (es. carburante, spese di manutenzione e riparazione, ecc.);
  • Costi annui non proporzionali alla percorrenza, ossia indipendenti dal grado di utilizzazione del veicolo (es. assicurazione per la responsabilità civile, tassa automobilistica, quota di ammortamento degli interessi sul capitale d’acquisto).

Nel caso in cui l’azienda decidesse di riconoscere il rimborso limitatamente alla quota di costi proporzionali, l’indennità è interamente deducibile, purché l’autovettura utilizzata dal lavoratore rientri nella categoria dei 17 cavalli fiscali, se benzina, o 20 cavalli fiscali, se diesel. L’eventuale eccedenza tra costi chilometrici effettivi e quelli deducibili comporta una ripresa a tassazione in sede di dichiarazione dei redditi. Nel caso opposto in cui l’azienda scegliesse invece di rimborsare, oltre ai costi proporzionali, anche una parte di quelli non proporzionali, questi ultimi dovranno essere quantificati sulla base di criteri oggettivi che tengano conto sia dell’utilizzo personale, sia di quello lavorativo (ad esempio rapportando il numero di trasferte nell’anno rispetto a quello delle giornate di lavoro ordinarie).